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PIAZZA ARMERINA E VILLA DEL CASALE

L’edificio tardo-antico è una delle più importanti testimonianze dell’Occidente romano.
Per la complessità dell’impianto e la bellezza dei suoi mosaici, che ne ricoprono la superficie, per oltre 3000 metri quadri, la Villa può essere considerata uno dei modelli più significativi di dimora di rappresentanza, rispetto ad altri esempi coevi.
L’identificazione del proprietario della Villa non è, ad oggi, certa; secondo i più recenti studi, è attribuita ad un alto esponente dell’aristocrazia senatoria romana, forse un governatore di Roma (Praefectus Urbi).
Per altri studiosi la residenza tardo antica fu invece costruita o ampliata su diretta committenza imperiale, riferendosi a Massimiano Erculeo che, alla fine del III secolo d.C. nel periodo della Tetrarchia, governò l’Impero Romano, col titolo di Augusto, insieme a Diocleziano.

La residenza tardo antica è costruita su diversi livelli e suddivisa in quattro grandi aree:

1. l’ingresso monumentale, la corte porticata e il complesso termale; 1.2 il peristilio centrale con le stanze di soggiorno e servizio; 3. La basilica e gli appartamenti privati; 4. Il triclinio e il peristilio ovoidale.

L’alto profilo del suo committente viene celebrato, in modo eloquente, attraverso un programma iconografico, stilisticamente influenzato dall’arte dei mosaicisti africani che sono stati chiamati a realizzarlo e che si dispiega, con ricchezza compositiva, in una moltitudine di ambienti a carattere pubblico e privato.

L’attuale impianto, la cui edificazione è riferibile alla prima metà del IV secolo d.C., sorge al di sopra di una villa rustica, che ha subito varie trasformazioni tra il I secolo e la seconda metà del III secolo d.C. .

A tale periodo, sembrano risalire reperti archeologici e strati di distruzione, in quasi tutti i settori della villa, come si è riscontrato negli scavi degli ultimi anni.

Nel corso del V e VI sec. d.C. le strutture della Villa si adattarono a finalità difensive in un preciso programma di fortificazione rilevato, durante le campagne di scavo, dall’ispessimento in più parti dei muri perimetrali e dalla chiusura delle arcate superstiti dell’acquedotto collegato alle terme.

Si determinò, così, un iniziale processo di abbandono e di trasformazioni funzionali delle stanze che vennero rioccupate, nei secoli successivi, da nuove strutture abitative sovrapposte allo strato di distruzione dei muri preesistenti o al di fuori del perimetro dell’edificio tardo imperiale.

Il successivo insediamento medievale, durante la dominazione islamica, prese il nome di ”Palàtia”, Blàtea o Iblâtasah, così definito da Ibn Idrisi, geografo arabo del XII sec., fino ad assumere la denominazione di Plàtia.

L’abitato, da considerare tra i più estesi e articolati della Sicilia centro-meridionale, fu distrutto nel 1161, durante il Regno di Guglielmo I. Nel 1163, venne fondata una nuova città fortificata, nell’attuale sede di Piazza Armerina, popolata da coloni Lombardi giunti in Sicilia a seguito dei Normanni.

La persistenza di realtà insediative nella zona appartenente al sito, in cui sorgeva la Villa romana, fu rilevata, ancora, nel XV secolo, con la presenza di un piccolo gruppo di case, conosciute con il nome di Antico Casale dei Saraceni, da cui ha tratto il nome.

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